Recuperata la propria autonomia, la città acquisisce una tale influenza politica da divenire punto strategico di importanza determinante tra Perugia ed Arezzo. Ora filo-guelfa, ora filoghibellina, subì alternativamente la sovranità dei due grandi poteri, con brevi intervalli di libertà. Dopo la lunga sovranità di Federico II, la città si lega a Firenze e torna definitivamente allo Stato Ecclesiastico, pur con ulteriori momenti di sopravvento ghibellino, con alcune terre altotiberine ancora in mano longobarda e con ulteriore ampliamento della diocesi. Dal 1257 al 1283 la città (denominata sin dal 1230 definitivamente Civitas Castelli) inizia l’espansione edilizia accrescendo da quattro a dieci il numero delle Porte (Capitananze) corrispondenti alle rispettive divisioni del territorio. Per i primi decenni del XIII secolo ci costituisce una fase consolare-potestarile. Lo Statuto comunale del 1261 è volto a conferire ampi poteri al Capitano del Popolo (eletto dal Consiglio Generale) a scapito di quello del podestà. Liberati i servi della gleba nel 1270, tre anni dopo la città si dà un nuovo statuto con nuovi organismi di governo. Nel 1323/1325 la città cade sotto la signoria dei Tarlati di Pietramala, ghibellini aretini, mentre la signoria dei Malatesta riminesi si estendeva sino a Borgo San Sepolcro. S’accentua in questo periodo l’ingerenza nella politica tifernate di Firenze i cui Signori sono parenti dei Malatesta e amici/tutori dei Pietramala da cui i Tifernati si liberano con l’insurrezione del 1334. La crescente potenza raggiunta porta Civitas Castelli anche ad un rilevante sviluppo economico che costituisce il presupposto per la notevole importanza che contrassegnerà la città per l’intero periodo medievale e soprattutto per tutto il Rinascimento. Con lo Statuto del 1336 la città viene affidata a otto priori, verso la metà del ‘300 compare la figura del vicario (nominato dal commissario pontificio), nel 1371 viene istituito il consiglio degli “otto di balìa”. Tra le 56 corporazioni di Arti e Mestieri (quali Coltriciai, Sartori, Calzolari e Conciatori, Tintori, Pellicciai, Guardaioli e Bambagiai, Cimatori), governate da speciali statuti, attive nel territorio, da notare in particolare la floridezza raggiunta da quella dei Lanaioli; la fioritura di botteghe per la lavorazione delle stoffe e dei panni attrae mercanti da Firenze, favorita dai buoni rapporti con la città medicea. Sin dalla fine del ‘200 la stessa famiglia Vitelli, destinata a divenire la Signoria locale si afferma come famiglia di rango che esercita la mercatura. L’Università dei Lanari assurse a tale prestigio che il Comune gli concesse l’ospedale di San Giacomo situato nella via che ha mantenuto l’antica denominazione. Ma sono attivi, oltre ai notari e dottori in legge riuniti nel loro Collegio, anche falegnami, fabbri, vasari, scalpellini, molinari, orefici, fornaciai, barbieri, ortolani e boscaioli, cappellari, ferrari, mentre nel contado l’economia curtense viene sostituita dalla mezzadria.