L’onomastica romana
(Nella foto: Museo Archeologico di Bergamo, stele di due fratelli della gens Cornelia. Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons.
I primi due righi costituiscono un esempio di onomastica latina:
C(aius), prenomen
Cornelius), nomen o gentilizio
C(ai) f(ilius), filiazione o patronimico
Vot(uria), tribù
Calvos, cognomen)
La denominazione delle persone nel mondo romano ha subito una serie di modificazioni a seconda del periodo storico e della condizione giuridica dell’individuo, per cui lo studio dell’onomastica può fornire molte informazioni sui personaggi menzionati dalle iscrizioni. Nell’antica Roma era possibile riconoscere in base al suo nome un cittadino romano libero e distinguerlo da uno straniero che avesse assunto la cittadinanza romana, da un liberto o, ancora, da uno schiavo.
Nell’età più antica, l’uomo era indicato solo dal nome personale. Più tardi, nel corso del VII secolo, si passò al sistema dei duo nomina: il praenomen e il nomen gentilicium, corrispondente al nostro cognome. Nel corso del III secolo a.C., viene introdotto un ulteriore elemento di distinzione, il cognomen, simile al nostro nome di persona, che sul finire del I secolo a.C. diventò uno dei componenti stabili dell’onomastica romana, fondata sul sistema dei tria nomina, che rappresenta la norma (salvo rare eccezioni) nel corso dei primi due secoli dell’impero. A partire dal II secolo d.C., il praenomen è di frequente omesso, sostituito dal cognomen, sempre più spesso usato come il nostro nome di persona.
Altri elementi che completavano il nome del cittadino romano erano il patronimico e l’indicazione della tribù di appartenenza. Il patronimico è solitamente composto dal prenome paterno abbreviato e dal sostantivo filius abbreviato con la sola lettera F o FIL. La menzione della tribù di appartenenza equivaleva all’affermazione della propria condizione di civis romanus: infatti soltanto i cittadini romani potevano essere iscritti in una delle 35 tribù, sorta di distretti territoriali nei quali essi erano ripartiti. L’indicazione della tribù compare in iscrizioni del I secolo a.C. per scomparire nel corso del III secolo d.C.
LE DONNE
Fin verso il II secolo a.C., il nome di una donna libera era formato da due elementi: il gentilizio paterno al femminile, preceduto da un praenomen o da un secondo gentilizio. In età successiva invece, fino agli inizi dell’impero, il nome delle donne corrispose al solo gentilizio. In età imperiale, l’onomastica femminile tornò a comporsi di due elementi, il gentilizio paterno e il cognome, spesso lo stesso del padre o un suo derivato.
GLI STRANIERI
Gli stranieri che ottenevano la cittadinanza romana erano tenuti a cambiare il proprio nome, derivandone uno nuovo dal prenome e dal gentilizio di colui che aveva loro concesso la cittadinanza (in età repubblicana un magistrato, in età imperiale l’imperatore stesso). Il nuovo cittadino conservata il vecchio nome sotto forma di cognomen.
I LIBERTI
I liberti erano, nell’antica Roma, schiavi manomessi, cioè liberati, dai propri padroni, che ne divenivano patroni. Insieme alla libertà, i liberti ottenevano buona parte dei privilegi della cittadinanza romana, con alcune restrizioni, relative soprattutto all’accesso alla carriera politica.
L’onomastica dei liberti era inizialmente formata da due elementi, il prenome (dall’età repubblicana in avanti lo stesso del patronus) ed il gentilizio (di regola anch’esso mutuato da quello del n 2 vecchio padrone), cui seguiva talvolta la formula di patronato, composta dal prenome del patrono, abbreviato alla sola iniziale e seguito dalla lettera L. di libertus/a.
Nel caso di uno schiavo liberato da una donna, dal momento che le donne erano per lo più senza prenome, il liberto assumeva quello del padre della donna, oppure al posto del prenome si inseriva nelle iscrizioni una sigla formata da una C rovesciata e da una L, con il generico significato di mulieris libertus, “liberto di una donna”.
Il cognomen compare nell’onomastica dei liberti a partire dalla fine del II secolo a.C., divenendo di uso comune nelle iscrizioni nei primi decenni del I secolo a.C.
Di regola, il cognome dei liberti era costituito dal loro antico nome da schiavi, in genere derivante da nomi di divinità o di personaggi mitologici, da qualità fisiche o morali, dal mestiere esercitato, oppure dal luogo di origine dello schiavo.
GLI SCHIAVI
All’inizio, gli schiavi di Roma portavano un nome che non aveva nulla a che fare con il proprio; era un nome derivato aggiungendo al prenome del padrone il suffisso –por: Marcipor, per esempio, sarà stato il nome di uno schiavo appartenuto a un Marco.
Ma quando aumentò il numero di schiavi di uno stesso padrone, fu necessario assegnare ad ognuno un nome personale. Nelle iscrizioni quindi, accanto al nome dello schiavo, si annotava il prenome del padrone a cui esso apparteneva, con una formula formata dal prenome del padrone e dall’indicazione s(ervus/a).