Dopo il 283 a.C. Roma assorbe via via gli Umbri e Città di Castello, con il nome di Tifernum Tiberinum viene federata a Roma. L’ordinamento augusteo la include nella VI regio Umbra. Tifernum Tiberinum fu Municipio fiorente sin dalla fine del I secolo, anche in virtù della munificenza del potente patrono, Plinio il Giovane, che nelle sue epistole scrive della città e del paesaggio circostante con parole di schietta ammirazione. Tifernum estendeva il suo territorio alla sinistra del Tevere in una regione più tardi definita Massa Trabaria, sin quasi, forse alle sorgenti dello stesso Tevere, oltrechè del Savio e del Marecchia. Il nucleo romano centrale con ogni probabilità sorgeva nell’attuale area sud-ovest della città, in corrispondenza dei rioni Prato e Mattonata dove in passato fu trovato un mosaico ascrivibile al II sec.a.C. e dove in tempi recenti sono stati rinvenute porzioni consistenti di antiche mura (e forse di un anfiteatro) di epoca romana. Alcuni altri reperti sono conservati nella Sala Consiliare del Comune, mentre i sarcofagi conservati nella Pinacoteca comunale attestano che anche nel III secolo risiedevano in loco ceti sociali capaci di commissionare opere artistiche di buon livello. I documenti attestanti la presenza di strutture riferite da un lato a grandi ville legate al sistema di produzione schiavistico e dall’altro a piccole proprietà terriere dimostra che la popolazione tifernate godette, in età imperiale, di una certa agiatezza economica, almeno negli strati sociali più elevati, dovuta a un’economia basata su agricoltura (e anche viticoltura), allevamento, raccolta di legname direttamente trasportato a Roma per via fluviale, commercio, ma anche su attività collaterali quali caccia e pesca. In seguito alla riforma di Diocleziano (285/305 d.C.) il territorio tifernate fu incluso nella provincia “Tuscia et Umbria” sotto la diretta amministrazione romana. È questo il momento della diffusione del Cristianesimo che, secondo tradizione, vede la città evangelizzata da San Crescenziano martirizzato a sud-est della città (Pieve de’ Saddi). Il primo “Episcopus Tifernas” ricordato, Eubodio, risale alla metà del V sec. ma il personaggio più importante nella storia della città di questo periodo è il vescovo Florido, all’epoca di Papa Gregorio Magno(540/604). Santo nella storia della Chiesa, Florido fece risorgere la città, di cui è patrono, dopo la distruzione operata dai Goti di Totila. La diocesi estese la sua giurisdizione su un vastissimo territorio tra la fine del VI sec. e l’inizio del VII anche sulle terre alla destra del Tevere, sino alla Massa Verona (Pieve Santo Stefano e monte Coronaro), alla Valle del Sovara (Anghiari), alla Pieve di Sant’Antimo (tra Citerna e Monterchi dove anche allora c’era una via di collegamento per Arezzo). Testimonianza altissima e rarissima di arte paleocristiana (secc.V/VI) è il cosiddetto “Tesoro di Canoscio”, con preziosa suppellettile liturgica, rinvenuto nel 1935.