Sala III

Raffaello e il Gonfalone della SS. Trinità
Nel 1627 viene menzionato per la prima volta il Gonfalone della Confraternita della SS. Trinità come opera autografa di Raffaello ed è considerato ora generalmente dalla critica uno dei suoi primi dipinti. È l’unica opera mobile di Raffaello rimasta in Umbria. Seriamente danneggiato nei secoli dall’umidità e da una cattiva conservazione, si presentava con estesissime lacune lasciate a vista che compromettevano seriamente la sua leggibilità. Ora è stato nuovamente restaurato dall’Istituto Centrale del Restauro (ICR) con un intervento metodologico di svolta, che ha comportato la reintegrazione estetica, ove possibile, delle estese lacune circoscritte, prestando al contempo grande attenzione a non falsare l’equilibrio della percezione complessiva del dipinto. Si può così valutare meglio il grande livello tecnico e pittorico del gonfalone, ben percepibile nella riacquistata profondità del paesaggio, nella sicurezza della costruzione plastica della forma, nella sottigliezza micrografica dei particolari.
Il Gonfalone, d’ora in poi, si confronterà per sempre vis-à-vis in questa sala con il Martirio di San Sebastiano di Luca Signorelli. Questi due dipinti sono legati, idealmente, dallo sguardo di Raffaello che li aveva congiunti insieme: in un medesimo disegno, ora all’Ashmolean Museum di Oxford e qui riprodotto, il pittore studia la posa del Dio Creatore della Creazione di Eva del gonfalone e copia il balestriere del Martirio, visto di spalle.
Luca Signorelli, con la forza del suo dinamismo plastico, sarà uno degli artisti più studiati da Raffaello negli anni della sua giovinezza. L’urbinate Girolamo Genga, stretto discepolo del Signorelli e molto amico, secondo Vasari, del giovane Raffaello, riassumerà nella sua cultura l’influenza dell’ambiente peruginesco con le prime esperienze del giovane compaesano di genio.

Luca Signorelli
(Cortona, circa 1450-1523)
Martirio di San Sebastiano
circa 1498
olio su tavola
Città di Castello, Pinacoteca comunale
Lo sguardo di Raffaello su di un capolavoro di Luca Signorelli.
La tavola proviene dalla chiesa di San Domenico a Città di Castello, e venne commissionata probabilmente nel 1498 dal notabile tifernate Tommaso Brozzi e dalla moglie Francesca di mastro Antonio, i cui stemmi sono ancora visibili nella cornice in pietra che accoglieva il dipinto presente nella chiesa. La scelta del soggetto e l’intitolazione dell’altare a San Sebastiano si ricollegano alla terribile epidemia di peste che colpì la città nel 1497 e sulla facoltà attribuita al santo martire, sulla scorta della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, di mettere fine alle pestilenze. Il giovane Raffaello copia in un disegno il balestriere in calzamaglia gialla del dipinto, interessato alla nervosa definizione plastica della forma, tipica della grafica del più anziano collega Luca Signorelli, che da poco aveva lasciato Città di Castello.

Raffaello
(Urbino, 1483 – Roma, 1520)
Gonfalone della Santissima Trinità a due facce
Trinità tra i santi Sebastiano e Rocco
Creazione di Eva e due angeli
1499-1501
olio su tela
Città di Castello, Pinacoteca comunale
L’unica opera mobile di Raffaello rimasta in Umbria.
Tra i dipinti di Raffaello per Città di Castello è il solo a non essere menzionato dalle fonti o nei documenti. Citato per la prima volta nel 1627 da padre Angelo Conti, conserva sulla sua superficie le tracce del suo utilizzo come gonfalone, tanto che già nel 1628 i confratelli decisero di non portarlo più in processione per poterlo meglio conservare. Il gonfalone, dipinto su due tele sottili poi accostate, raffigura sulla sinistra la Trinità con i santi Rocco e Sebastiano e a destra la Creazione di Eva dalla costola di Adamo. La sua realizzazione si colloca tra il 1499 e il 1501 ed è probabilmente da collegarsi all’epidemia di peste che colpì la città nel 1497, da qui la raffigurazione dei due santi Rocco e Sebastiano.
Restaurata in occasione della mostra dall’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) di Roma., rappresenta uno straordinario documento del linguaggio di Raffaello ancora diviso tra i ricordi della cultura di Urbino (contrasto squillante dei colori) e il nuovo linguaggio di Perugino e della cultura fiorentina (morbidezza del modellato del viso di Adamo).

Girolamo Genga
(Urbino, circa 1476 – La Valle, 1551)
Martirio di San Sebastiano
circa 1500-1506
olio su tavola
Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture
Un’opera ponte tra diverse culture.
Il dipinto degli Uffizi, per il quale non si conosce ancora l’originale provenienza, si colloca nei primi anni dell’attività di Genga, per gli evidenti riferimenti stilistici a Signorelli, e al Martirio di san Sebastiano in particolare, ma anche a Pintoricchio e Perugino nella cui bottega entra proprio in questi anni e dove, con molta probabilità, conobbe il giovane Raffaello. Esso costituisce una preziosa testimonianza dei primi contatti tra Raffaello e i suoi colleghi in area umbra prima del trasferimento a Firenze.

— Il percorso di mostra prosegue idealmente nella sala IV al primo piano del percorso permanente della Pinacoteca comunale—
Francesco Tifernate (attr.)
(circa 1486 – ante 1524)
Madonna della Misericordia
circa 1500-1503
olio su tela
Città di Castello, Pinacoteca comunale
Un riflesso della scuola locale.
Il gonfalone a due facce, raffigurante la Madonna della Misericordia sul recto e una Crocifissione sul verso, proviene dall’Ospedale della Carità di Città di Castello. Inizialmente schedato quale prodotto di bottega umbra del Cinquecento “sullo stile di Perugino”, nel 1955 fu posto sotto i riflettori da Roberto Longhi, che lo ritenne una primizia di Raffaello. L’analisi della qualità pittorica ha però creato dubbi su questa attribuzione, piuttosto riferibile a Francesco Tifernate, il più prolifico seguace di Raffaello a Città di Castello, per alcune affinità tra questo gonfalone e altre sue opere in cui è evidente anche l’influenza di Piero della Francesca.

— Il percorso di mostra prosegue idealmente nella sala XIII a piano terra del percorso permanente della Pinacoteca comunale—
Luca Signorelli e bottega
(Cortona, circa 1450-1523)
Stendardo di San Giovanni Battista (San Giovanni Battista; Battesimo di Cristo)
1496-1502
olio su tela
Città di Castello, Pinacoteca comunale
Un riflesso della scuola locale.
Lo stendardo a due facce di San Giovanni Battista proviene dalla chiesa di San Giovanni Decollato e fu commissionato dalla Confraternita omonima, fondata attorno al 1367 per l’assistenza ai condannati a morte. Esso raffigura da un lato il san Giovanni Battista con alle spalle alcuni episodi della sua vita e sull’altro il Battesimo di Cristo. Riferito dalla fine dell’Ottocento alla bottega di Signorelli, lo stendardo è stato recentemente riconsiderato alla luce di una collaborazione tra Signorelli e Girolamo Genga, suo allievo, a cui spetterebbe la realizzazione di alcune parti su progetto del maestro.