Sala IV
Raffaello, Perugino e Pintoricchio
Nei primi anni del Cinquecento il giovane Raffaello si afferma rapidamente in Umbria. A Città di Castello riceve commissioni da una rete di famiglie solidali e alleate dei Vitelli, come i Baronci, i Gavari e gli Albizzini, mentre a Perugia viene coinvolto dai nuclei aristocratici più in vista della città come i degli Oddi e i Baglioni.
Domenico Gavari gli ordina la Crocifissione in San Domenico dove, secondo il commento di Giorgio Vasari, “se non vi fusse il suo nome scritto, nessuno la crederebbe opera di Raffaello, ma sì bene di Pietro [Perugino]”. Raffaello desume dalle Crocifissioni di Perugino l’impianto compositivo, non solo eguagliandole ma irrobustendole e rendendole più forti e naturalistiche. Oramai il giovane artista dialoga apertamente con i principali pittori suoi contemporanei come Perugino e Pintoricchio, cercando con loro un confronto, in una gara sottile di elaborazione dei loro modelli, sviluppati con grande maturità inventiva.
Aiuta Pintoricchio nella elaborazione grafica della Biblioteca Piccolomini a Siena nel 1502 e nella composizione di opere locali, come l’Incoronazione della Vergine, già in Santa Maria della Pietà alla Fratta (Umbertide), ricevendone in cambio un’attenzione nuova per la preziosità dei dettagli.
Autore ignoto del XIX secolo
Cristo in croce tra la Vergine e i Santi Giovanni, Girolamo e Maddalena
copia della Crocifssione Gavari o Crocifssione Mond di Raffaello
olio su tela
Città di Castello, Pinacoteca comunale
La copia di un’opera emigrata.
La tela è una copia fedele e nelle stesse dimensioni della Crocifissione Gavari o Mond eseguita nel 1503 da Raffaello su commissione del mercante di lana e banchiere Domenico di Tommaso Gavari per la propria cappella nella chiesa di San Domenico a Città di Castello. Raffigura Cristo sulla croce, tra le rappresentazioni del sole e della luna e due angeli in volo, ai piedi del quale trovano posto Maria, san Girolamo, la Maddalena e Giovanni apostolo. L’originale pala d’altare, ora presso la National Gallery di Londra, era composta anche da una predella della quale sono stati individuati, per il momento, solo due scomparti con le storie di san Girolamo. La Crocifissione segna il momento di maggior vicinanza del giovane Raffaello al maestro Perugino, di cui copia alcuni modelli compositivi. L’originale raffaellesco rimase sull’altare Gavari fino al 1808 quando fu acquistato dal Cardinale Fesch, il quale si occupò si far porre nell’altare la copia in oggetto.
Bernardino di Betto detto Pintoricchio
(Perugia circa 1456 – Siena 1513)
Madonna della Pace
circa 1495
tempera su tavola
San Severino Marche, Pinacoteca civica Tacchi-Venturi
Una preziosa, grande ‘miniatura’.
L’opera è composta da una cimasa con Dio Padre entro una mandorla d’oro circondata da cherubini e una tavola centrale con la Vergine con il Bambino, due angeli e il donatore. Il Bambino benedicente è in piedi su un ricco cuscino rivolto verso il committente, nell’altra mano mostra l’orbis terrarum. Due angeli accompagnano la teofania verso la quale si rivolge il donatore, Liberato Bertelli protonotario apostolico e cameriere segreto del papa Innocenzo VIII, divenuto poi priore della cattedrale di San Severino, sua città di origine. Il suo volto, ritratto di profilo, mostra tutto l’interesse di Pinturicchio per la ritrattistica fiamminga. La tavola è un documento straordinario della capacità di Pintoricchio di raccontare il sacro e la natura con una lenticolare profusione di dettagli preziosi, che assimilano il dipinto ad un’opera di oreficeria. Questa cura analitica dei dettagli formali, ben visibile anche nella perugina Pala di Santa Maria dei Fossi del 1495, esercitò un grande fascino sul giovane Raffaello che ne fu influenzato nelle sue opere dei primi anni del Cinquecento.
Francesco Tifernate e collaboratore
(circa 1486 – ante 1524)
Madonna con Bambino tra i Santi Gerolamo e Agostino
circa 1503-1504
tempera e olio su tavola
San Giustino, Selci, chiesa di Sant’Andrea
La risposta locale a Raffaello.
L’opera viene ricordata a partire dal 1677 sull’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Sant’Andrea a Selci. La sua iconografia con sulla destra il sant’Agostino che regge con la mano il modellino di una chiesa, fa supporre una provenienza tifernate, e potrebbe costituire la rappresentazione della vecchia chiesa degli Agostiniani, distrutta dal terremoto del 1789. La tavola viene considerata una delle prime realizzate dal pittore locale Francesco Tifernate, ma alcune differenze stilistiche fanno supporre che si tratti di un’opera a più mani, realizzata da artisti vicini alla bottega di Perugino.
Francesco Tifernate
(circa 1486 – ante 1524)
Pala d’Ognissanti
1504-1505 circa
tempera su tavola
Città di Castello, Pinacoteca comunale
La risposta locale a Raffaello.
Il dipinto proviene dalla chiesa delle terziarie agostiniane di Città di Castello, noto come monastero di Ognissanti o del Sacco. Raffigura nel riquadro principale la Madonna in trono con Bambino tra i santi Agostino, Caterina d’Alessandria, Nicola da Tolentino e, probabilmente, Florido, patrono della città. Nella lunetta l’Annunciazione della Vergine. L’opera è stata attribuita a Francesco Tifernate per l’analogia con la vicina Annunciazione, presente sempre nella Pinacoteca comunale, e rappresenta la sintesi culturale locale dopo il passaggio di Raffaello. La composizione è ispirata, seppur con alcune variazioni, alla Pala Colonna di Raffaello, dipinta tra 1502 e 1503 per il monastero di Sant’Antonio da Padova a Perugia. Francesco Tifernate realizza inoltre la sua santa Caterina sul modello della Vergine dello Sposalizio, dipinto da Raffaello per la chiesa di San Francesco a Città di Castello e ora alla Pinacoteca di Brera a Milano.
Francesco Tifernate
(circa 1486 – ante 1524)
Annunciazione
1505-1506
tempera su tavola
Città di Castello, Pinacoteca comunale
La risposta locale a Raffaello.
La tavola proviene dall’altare della famiglia Magalotti nella chiesa di San Domenico a Città di Castello. L’opera è firmata alla base del pilastro centrale “FRANCISCUS TIPHER”, ovvero Francesco da Città di Castello. Nel contratto di allogazione si legge che la tavola doveva essere eseguito sul modello della Crocifissione Gavari di Raffaello che, al tempo, si trovava sul primo altare a sinistra in San Domenico. I numerosi richiami al pittore urbinate, ad esempio nelle figure dei quattro angeli e dell’Eterno simili a quelli del Gonfalone della Santissima Trinità, lasciano supporre un contatto diretto tra Francesco Tifernate e Raffaello. L’Annunciazione Magalotti segna, una fase più matura della produzione del pittore, attenta anche ai modi di Signorelli.